Proprio ieri riflettevo fra me che di AIDS non si parla più in maniera esaustiva come in passato e la mia riflessione era in relazione all’accesso in pronto soccorso di un giovane con una brutta polmonite e difficoltà respiratorie tali da dover essere incubato. Era affetto da HIV. Oggi casualmente girando nel web mi imbatto in numerosi articoli sull’AIDS e apprendo che il 1 dicembre ricorre proprio la giornata mondiale dell’AIDS.
In quest’occasione gli esperti di telefono verde saranno disponibili telefonicamente al numero 800.861.061 dalle 10 alle 18, in 4 lingue: italiano, inglese, francese e portoghese. Potranno essere chiariti dubbi e fornite indicazioni in merito ai Centri diagnostico-clinici e alle Organizzazioni non governative che si occupano di HIV, AIDS e infezioni sessualmente trasmesse. I dati sono raccolti in anonimato e consentono un attento monitoraggio degli utenti del servizio.
Dal 1 gennaio al 15 novembre, sono giunte 14.903 telefonate, l’86,5% delle quali, da parte di persone di sesso maschile, la maggior parte con un’età compresa tra i 20 e i 39 anni: la quota dei maschi infatti è in aumento e mentre nel 2011 il numero degli uomini a cui era stata fatta la diagnosi era il doppio rispetto a quello delle femmine, oggi è il triplo. Ma gli uomini si infettano più tardi: l’età media dei sieropositivi è di 38 anni per i maschi e di 34 anni per le femmine. Purtroppo continua a crescere anche la quota di nuove infezioni attribuibili a rapporti sessuali non protetti, che costituiscono il 78,8% di tutte le segnalazioni. Inoltre in un caso su tre la diagnosi riguarda persone straniere. Dal punto di vista geografico nel 2011, sono stati diagnosticati 5,8 nuovi casi di Hiv ogni 100.000 residenti: l’incidenza più elevata si registra in Valle da Aosta, quella minore in Calabria. Da quest’anno per la prima volta, è poi disponibile il dato sul motivo che ha condotto le persone sieropositive ad effettuare il test Hiv: nel 2011 il 24,8% delle persone con una nuova diagnosi ha eseguito il test per la presenza di sintomi che facevano sospettare l’infezione, il 13,4% in seguito ad un comportamento a rischio non specificato e il 10,3% in seguito a rapporti sessuali non protetti.
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