Tra gli agenti batterici che causano la meningite il più temuto è Neisseria meningitidis (meningocco), oltre a Streptococcus pneumoniae (pneumococco) e Haemophilus influenzae. Del meningococco esistono diversi sierogruppi: A, B, C, Y, W135, X.
Il più aggressivo è il meningococco di sierogruppo C, che insieme al B è il più frequente in Italia e in Europa. Secondo l’ISS, nel 2015 si sono verificati in Italia quasi 200 casi di malattia invasiva da meningococco, la maggior parte dei quali causati dai sierogrupppi B e C.
Le fasce più a rischio di contrarre l’infezione sono i bambini piccoli e gli adolescenti, ma anche i giovani adulti. Per quanto riguarda il sierogruppo B, la maggior parte dei casi si concentra fra i bambini al di sotto dell’anno di età.
I vaccini contro la meningite batterica sono sostanzialmente tre:
– vaccino contro l’emofilo, che rientra tra i vaccini raccomandati dal Ministero della Salute e viene somministrato ormai dal 1995. È solitamente effettuato, gratuitamente, insieme alla vaccinazione antitetanica, antidifterica, antipertosse, antipolio e anti epatite B, al 3°, 5° e 11° mese di vita del bambino, come da calendario vaccinale italiano. Non sono necessari ulteriori richiami.
– vaccino contro lo pneumococco: protegge contro le malattie provocate dallo Streptococcus pneumoniae, che può causare otite, sinusite e nei casi più gravi polmonite, meningite e sepsi. Sebbene esistano più di 90 tipi di pneumococco, definiti sierotipi, solo alcuni sono responsabili di malattia grave. Esistono 2 tipi di vaccino anti-pneumococcico:
– un vaccino coniugato diretto contro 13 sierotipi dello pneumococco (PCV13), indicato a partire dalla 6° settimana di vita
– un vaccino polisaccaridico diretto contro 23 sierotipi dello pneumococco (PPV23), indicato per i soggetti a partire dai 2 anni di età. Le dosi dipendono dall’età del soggetto da vaccinare e dal tipo di vaccino utilizzato.
Il ciclo di base dell’infanzia prevede 3 dosi separate con PCV13: al 3°, 5° e 11° mese di vita.
Nell’adulto è sufficiente una sola dose sia che si utilizzi PCV13 che PPV23.
– vaccino anti-meningococco: ne esistono tre tipi:
• il vaccino coniugato contro il meningococco di sierogruppo C (MenC): è il più frequentemente utilizzato, e protegge solo dal sierotipo C; è gratuita e prevede una sola dose a 12-15 mesi (in concomitanza o in prossimità della prima dose di MPRMorbillo/Parotite/Rosolia). Unica eccezione la regione Toscana che ha recentemente introdotto una seconda dose di vaccino MenC da effettuarsi dai 6 anni compiuti ai 9 non compiuti
• il vaccino coniugato tetravalente, che protegge dai sierogruppi A, C, W e Y; questo è offerto gratuitamente ad adolescenti di 12-18 anni in 8 regioni e province (Basilicata, Toscana, Puglia, Liguria, Sicilia, Veneto, Friuli, P.A. di Bolzano) in alternativa al monovalente MenC (nelle altre regioni la dose in età adolescenziale si fa invece col monovalente MenC). È invece proposto a discrezione di pediatri e genitori in tutte le regioni a partire dai 2 anni in bimbi che non abbiano ancora eseguito il monovalente MenC
• il vaccino contro il meningococco di tipo B: protegge esclusivamente contro questo sierogruppo e l’offerta vaccinale varia da Regione a Regione. Prevede diversi dosaggi a seconda dell’età in cui si inizia a vaccinare, anche se il vaccino è indicato soprattutto al di sotto di un anno di età. Al momento, è gratuito solo in alcune Regioni, mentre nelle altre regioni è a carico dei genitori a discrezione di pediatri e genitori, a partire dai 2 mesi.
Il vaccino tetravalente coniugato anti-meningococco A,C,Y,W, oltre ad essere consigliato per gli adolescenti che non sono stati vaccinati da piccoli, dovrebbe comunque essere somministrato a chi si reca in Paesi ove sono presenti i sierogruppi di meningococco contenuti nel vaccino. Al di fuori delle due fasce di età già citate (prima infanzia e adolescenza), il vaccino è fortemente raccomandato in persone a rischio o perché affetti da alcune patologie (talassemia, diabete, malattie epatiche croniche gravi, immunodeficienze congenite o acquisite etc.) o per la presenza di particolari condizioni (ragazzi che vivono in collegi, frequentano discoteche e/o dormono in dormitori, reclute militari, e, come sopra accennato, per chiunque debba recarsi in regioni del mondo dove la malattia meningococcica è comune, come ad esempio alcune zone dell’Africa).
La vaccinazione negli adulti non è raccomandata a meno che non siano presenti i fattori di rischio o le condizioni sopra riportate. Se tutta la fascia pediatrica fosse vaccinata secondo calendario nazionale i portatori sani faringei dell’età pediatrico-adolescenziale sarebbero drasticamente abbattuti in numero e ci si potrebbe permettere di non fare ulteriori vaccinazioni in età adulta. Chi vuole può comunque ricorrere alla vaccinazione, anche se non gratuitamente (a parte Toscana o contesti particolari), rivolgendosi alla ASL o facendosi prescrivere il vaccino dal proprio medico di base.
I vaccini contro il meningococco sono sicuri: non viene inoculato il batterio, ma polisaccaridi dei batteri, che sono zuccheri sufficienti solo a suscitare la risposta immunitaria, non di certo ad innescare la malattia. Si tratta inoltre di vaccini ben tollerati e privi di effetti collaterali significativi. Tra il 5 e il 10% dei vaccinati può avere indolenzimento e rossore nella sede di iniezione. Dal 2 al 5% dei bambini può presentare reazioni generali quali febbre, disturbi intestinali (vomito, diarrea, inappetenza), irritabilità, disturbi del sonno. In genere gli effetti collaterali non durano più di 1 o 2 giorni. Sono estremamente rare le reazioni di tipo allergico e alcuni disturbi come convulsioni ed ipotonia. L’unica controindicazione alla vaccinazione è la reazione allergica grave ad una precedente dose o agli eccipienti contenuti nel vaccino.
Tutti i vaccini attualmente in commercio sono altamente efficaci nel prevenire l’infezione da meningococco anche se in realtà, non è ancora del tutto chiaro quanto duri l’immunità delle vaccinazioni che vengono effettuate nella prima infanzia (e che sono importanti proprio perché la prima infanzia è una delle fasce più colpite dalla malattia). La letteratura scientifica suggerisce che, nei bambini, dopo 5/6 anni dalla prima vaccinazione la protezione immunitaria possa cominciare a diminuire. Per questo alcune regioni, come la Toscana, già offrono un richiamo della vaccinazione a 11/12 anni. Scontato domandarsi “perchè quindi fare un vaccino se di li a qualche anno gli anticorpi non ci saranno più e si risulterà sprovvisti di protezione?” Innanzitutto per proteggere il bambino dallo sviluppo di malattia invasiva meningococcica per alcuni anni; il MenB, ad esempio, è il più frequente da piccolissimi ed effettuare questo vaccino vuol dire proteggere il bimbo dai possibili parenti portatori sani del germe. Inoltre bisogna ridurre drasticamente i portatori sani faringei: motivo per cui si sceglie di vaccinare ragazzini di 12-18 anni: tale fascia è piena di portatori faringei (fino al 23%) e ridurre tale percentuale mediante il vaccino, ha non solo valore protettivo per gli adolescenti stessi ma soprattutto per gli individui (bambini o adulti) in contatto con tali adolescenti.
Dunque, nonostante la breve durata dell’immunoprotezione la vera importanza del vaccino antimeningococco risiede nella sua capacità di eradicare i portatori faringei: ridurre la circolazione del germe nella popolazione induce “immunità di gregge” proteggendo i membri della popolazione anche quando il titolo anticorpale da lì ad alcuni anni calerà. Per ottenere tale immunità di gregge serve però l’aiuto di tutti perchè è necessaria elevata copertura vaccinale.
Per quanto riguarda invece la vaccinazione di massa (ovvero dell’intera popolazione e non solo bambini e adolescenti come di regola) dovrebbe di regola essere praticata allorchè il numero di casi di malattia meningococcica superi la soglie stabilite dall’OMS:
– Soglia di allerta: più di 5 casi su 100.000 abitanti nell’arco di 3 mesi
– Soglia epidemica: più di 10 casi su 100.000 abitanti nell’arco di 3 mesi
Per fortuna in Italia siamo lontani da tali soglie; il nostro paese è infatti tra quelli a minor incidenza rispetto agli altri stati europei e quindi lontano dalla necessità di praticare misure straordinarie di vaccinazione di massa. Solo nei casi in cui le autorità sanitarie locali rilevino potenziali foci epidemici emergenti può avere senso estendere l’offerta vaccinale anche a fasce adulte, come è avvenuto di recente in Toscana.
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