Parliamo sempre di bambini, ma mai, o quasi di mamme, dimenticandoci spesso che dietro il benessere dei nostri cuccioli c’è una mamma che a sua volta deve stare bene. Ma non sempre è così. E spesso queste mamme non hanno problemi fisici, forse ben più facili da curare, gestire o riconoscere, bensì problemi psichici, quelli che io definisco i nostri buchi neri.
Qualche giorno fa un’infermiera del nostro ospedale raccontava di aver speso fior fior di soldi, buttandoli al vento, qualche mese dopo la nascita del suo primogenito, per sentirsi dire che non aveva “elaborato” la morte del padre. Girò nel tempo numerosi specialisti per arrivare a trovare un equilibrio. Ne parlò oggi, a distanza di molti anni, perché allora era un tabù essere infelici con un bimbo piccolo.
In realtà il problema è abbastanza frequente e si stima che di depressione o ansia in gravidanza e nel post-partum ne soffra circa il 16% della popolazione femminile.
Visto l’impatto che questo disturbo può avere sulla madre, sul bambino e su tutta la famiglia, è un problema che non andrebbe sottovalutato e che richiede un’attenzione sanitaria specifica e accurata.
Per questo è partito da poco in Lombardia un progetto finanziato dalla Regione, e svolto dall’Azienda Ospedaliera Fatebenefratelli e Oftalmico di Milano con lo scopo di creare un percorso di assistenza e cura per le donne che soffrono di tale patologia.
Tra gli obiettivi vi è quello di formare operatori sanitari, individuare precocemente la patologia, promuoverne un trattamento tempestivo ed efficace, e sensibilizzare la popolazione sul tema.
Le cause possono essere diverse e vanno da squilibri ormonali a fattori psico-sociali, come eventi stressanti precedenti, una gravidanza indesiderata o l’incapacità di adattarsi ai cambiamenti della maternità. I sentimenti provati più di frequente sono stati tristezza, irritabilità, senso di inadeguatezza e perdita di interesse. Spesso il disturbo si risolve da solo nel giro di qualche giorno o settimana, altre volte invece c’è bisogno di un vero e proprio trattamento psicologico o farmacologico.
L’idea di questo progetto è di intervenire su due livelli, uno clinico-assistenziale e uno preventivo. Nel primo caso il progetto prevede delle visite a domicilio: la paziente riceverà alternativamente, ogni settimana, la visita di una psichiatra che valuta la sintomatologia e stabilisce un percorso di cura,una psicoterapeuta che interagendo con la psichiatra lavora più sulla relazione con il bambino e i parenti; e infine di volontari che hanno la funzione di supporto nelle aree di attività quotidiana. Sono presenti inoltre altre figure di specialisti come la neonatologa o il pediatra che una volta al mese o in base ai bisogni dei bambini valutano la crescita dei piccoli o danno dei suggerimenti pratici alle mamme.
L’intervento preventivo invece è una proposta di linee guida sulla depressione post-partum che dovrebbero poi diventare nazionali.
In Italia siamo ancora lontano da una conoscenza adeguata del problema nonostante ultimante se ne parli più spesso. Nel progetto inoltre sono previsti anche dei gruppi di formazione dedicati alla popolazione maschile sia per dare maggiori informazioni sulla stato emotivo della propria moglie o campagna rispetto al post-partum e alla fatica della gestione del bambino sia per sollecitare le emozioni dei padri, per far emergere cosa provano e pensano del loro nuovo ruolo genitoriale. È importante infatti che gli uomini non abbiano solo un ruolo pratico nella vita della neo-mamma e del bambino, ma anche di supporto emotivo.
Roberta La Barbera dice
Buongiorno, questo tema mi sta molto a cuore, poiché nella mia pratica clinica ho ricevuto tante volte bambini che presentano problematiche comportamentali e che hanno vissuto i loro primissimi anni di vita con mamme affette da depressione post partum non curata.
Purtroppo ci sono molti pregiudizi riguardo a questa patologia. Si parte da un atteggiamento di aperta critica e giudizio di valore “ma come può una mamma che ha appena messo al mondo il suo piccolino, che dovrebbe essere al settimo cielo dalla felicità essere depressa?”. Purtroppo le risposte a questa domanda spesso rimandano ad una valutazione negativa della mamma, riconoscendole, spesso con biasimo, quasi un atteggiamento “contronatura”.
Ho pensato per questo ad un progetto di prevenzione della depressione post partum, per cercare di riempire un vuoto lasciato dalle strutture pubbliche, che purtroppo, nella mia città, non si occupano di questa problematica, lasciando sole le neomamme che spesso si trovano in balìa di sentimenti confusi e contrastanti e non trovano un luogo d’ascolto adeguato.