È un argomento di cui si è parlato a lungo la scorsa estate dopo funesti fatti di cronaca. A che età un bambino può rimanere a casa da solo? Non mi sono mai posta la domanda dal punto di vista giuridico anche perché le occasioni in cui ho lasciato i miei figli soli si contano sulle dita di una mano e sono sempre stati episodi piuttosto limitati nel tempo. Piuttosto in quei casi mi sono preoccupata che non accadesse qualcosa a me. Li lasciavo davanti alla televisione e nella stessa posizione li trovavo al rientro.
Supernano lo scorso anno ha cominciato a percorrere brevi tratti da solo, inizialmente per recarsi al vicino supermercato, poi per rientrare dalla palestra. Ogni spostamento era monitorato. Mi telefonava all’uscita e io lo aspettavo a casa. Quest’anno gli incastri sono del tutto diversi e talora avrei la necessità che tornasse da solo e mi aspettasse a casa per una mezz’ora. Questo vuol dire uscire da solo (cosa che per altro fa già. Nella nostra scuola è permesso dalla V elementare e considerando che il portone di uscita delle prime è dal lato opposto dell’isolato rispetto a quello delle quinte, non potrei recuperare entrambi i figli nello stesso momento), arrivare a casa ma oltre ad avere le chiavi, gestire in autonomia circa mezz’ora del suo tempo. Farebbe merenda, leggerebbe un giornalino, mi telefonerebbe 1000 volte per chiedere di poter giocare ai videogiochi. Ma… non sono convinta, anche perché io mi sposto in macchina, a Milano basta un nulla per raddoppiare o triplicare il tempo del mio rientro. E lui è ancora un bambino, autonomo quanto si voglia, ma pur sempre un bambino. E allora? Credo che ancora per qualche mese in caso di necessità farò ricorso alla sacra rete di mamme.
Scelta basata sull’emotività. Mia.
Ma quando si può cominciare a lasciare un ragazzino a casa da solo? Continua a leggere: Minori a casa da soli: quando è possibile?…
Farmaci e allattamento al seno: le cose da sapere
Quando si parla di allattamento al seno si parla di tutto ed il contrario di tutto, ma su una cosa le donne sembrano essere attentissime: sulla non assunzione di farmaci. Ho scritto “sembrano” perché in realtà spesso assumono farmaci da banco o prodotti di erboristeria non sempre indicati mentre si allatta, nella convinzione che “non facciano male”. Inoltre farmaci ritenuti necessari e a basso rischio in gravidanza non e’ detto che siano sicuri anche durante l’allattamento. Per questo motivo il ministero della Salute ha redatto un documento “Farmaci nella donna che allatta al seno: un approccio senza pregiudizi” in cui sono segnalate 10 regole fondamentali. Vediamo quali sono:
- durante l’allattamento al seno possono essere assunti farmaci per le patologie croniche della mamma, come l’insulina per il diabete o gli ormoni tiroidei sostitutivi per l’ipotiroidismo; questi presi correttamente e nelle giuste dosi non determinano effetti collaterali significativi nel neonato
- i farmaci dovrebbero essere assunti dopo la poppata anche modificando il consueto orario di assunzione per assecondare il naturale ritmo delle poppate del bambino, e non il contrario. La maggior parte dei farmaci passa nel latte, ma in misura limitata o molto limitata, comunque senza determinare effetti tossici per il bambino, o provocando solo effetti collaterali minori o trascurabili. Se si deve obbligatoriamente assumere per un periodo limitato di tempo un farmaco controindicato durante l’allattamento è possibile tirarsi il latte (con la stessa regolarità delle poppate per evitarne la riduzione) e gettarlo via riprendendo in un momento successivo l’allattamento al seno.
- ad eccezione dei farmaci antitumorali, delle droghe dei farmaci assunti in dosi elevate a scopo di suicidio, quasi tutti i farmaci, per poter eventualmente avere effetti collaterali rilevanti nel neonato allattato al seno, devono essere assunti dalla madre in maniera prolungata, vale a dire per molti giorni consecutivi. Pertanto l’allattamento al seno va sospeso solo quando vi siano reali e documentate controindicazioni mediche oppure per scelta informata da parte della madre
- Il latte materno può essere conservato in frigo a temperatura di 4 °C per 4 giorni oppure conservato nel freezer a -20°C per 6 mesi.
- senza fare l’abbinamento farmaco-effetto collaterale, è bene segnalare immediatamente ogni cambiamento nel bambino al pediatra curante qualora si assuma qualche farmaco.
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Tosse cronica nei bambini: cosa fare?
È uno delle richieste più frequenti da parte della mamme: “il mio bambino ha la tosse da 2-3, anche 4 mesi a secondo dei casi, l’ho portato ovunque, gli ho dato di tutto, ma non va via. Cosa devo fare?” E io inizio a tremare. Innanzitutto perché sono si pneumologa, ma mi occupo di adulti e sia le cause di tosse cronica nell’infanzia sia l’approccio diagnostico-terapeutico sono diverse da quelle dell’adulto, in secondo luogo perché un atteggiamento del genere già carico di ansie e aspettative alte carica di “ansie” anche il medico.
E allora vediamo cosa fare in età pediatrica.
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Allattamento al seno: la mia esperienza
Questo post partecipa all’iniziativa #Ioallatto alla luce del sole 2014 – Come partecipare
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Sono una fan dell’allattamento al seno, ne ho sempre parlato nei miei post, l’ho consigliato alle neo-mamme e talora incoraggiate. Ma…. C’è un ma: non ho mai nascosto le difficoltà, non ho mai sciorinato tipo corona di rosario le gioie, solo le gioie. Ho cercato di dire quello che spesso viene omesso e che diventa poi causa di tanta disperazione o di abbandoni. Perché se lo conosci…non lo eviti.
Supernano nacque un giovedì notte. Era un bel bambino di 3330 kg. Un bel bambino molto affamato. Domenica mattina, alla dimissione senza dirmi nulla in particolare, anzi senza dirmi proprio nulla, mi prescrissero il latte artificiale. E così cominciò il mio calvario. Avevo in mano un pezzo di carta con un prodotto ma non sapevo né perché dovessi darlo a mio figlio né tanto meno il modo e la quantità. E l’essere medico non era certo di aiuto. Sono pneumologa ma soprattutto allora ero solo una mamma confusa. La mia superamicapediatra (SAP), prontamente contattata, stava facendo la tesi di dottorato proprio sull’ allattamento materno mi disse “ma no, lo scrivono a tutti (????), aspetta la montata lattea e tutto si risolve”. E così fu. Ma supernano dopo i primi giorni di quasi calma continuava a piangere. Le ipotesi si sprecavano: otite? Infezione delle vie urinarie? Coliche? Chiamai ancora una volta SAP che mi consigliò la cosa più banale: la doppia pesata. Supernano piangeva per la fame. “o lo attacchi al seno ogni volta che piange o gli dai un po’ di latte artificiale”.
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L’alimentazione del bambino dopo l’anno:
Il tipo di alimentazione del bambino sotto l’anno d’età è noto a tutti: viene raccomandato l’allattamento al seno esclusivo fino ai 6 mesi e poi iniziato lo svezzamento. Di svezzamento si può dire tutto e il contrario di tutto, negli anni le indicazioni sono state le più svariate, ma almeno all’inizio tutti somministrano i vari brodi di verdura e frutta semplice come pere e mele.
Ma quando il bambino è più grandicello cosa deve mangiare? Dopo il primo anno ci si trova nell’anarchia più completa.
In genere in questa fascia di età predomina l’ambito familiare con le sue abitudini. In pratica al bambino si dà quello che mangiano i genitori e ciò che la famiglia è abituata a mangiare. Una giusta alimentazione è però indispensabile per non fare oggi errori che si ripercuoteranno sulla salute futura del piccolo.
Il diffondersi di cattive abitudini alimentari contribuisce infatti all’ aumento dei casi di sovrappeso e di obesità infantile.
Una sana alimentazione significa prima di tutto fare attenzione alla qualità degli alimenti e alla quantità di cibo assunto, che deve essere commisurata al fabbisogno per età e sesso. Anche la combinazione e la preparazione dei cibi intesa come modalità di cottura, hanno la loro importanza: bisognapreferire la cottura al vapore e limitare le fritture
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