I linfonodi sono piccoli organi della misura di pochi millimetri diffusi in tutto l’organismo; rappresentano “stazioni” delle vie linfatiche. Nelle vie linfatiche scorre la linfa, un liquido costituito da varie componenti, fra cui i globuli bianchi e le cellule del sistema immunitario. Nei linfonodi sono presenti cellule del sistema immunitario “stanziali” ed in transito, ma che concorrono tutte a fronteggiare i pericoli provenienti dagli attacchi al nostro organismo da parte di agenti esterni (es. batteri, virus, altri agenti infettivi o tossici) o di cellule trasformate come quelle tumorali. Nel linfonodo si realizza la prima strategia difensiva dell’organismo perchè le cellule del sistema immunitario (principalmente i linfociti) vengono “istruite” a riconoscere l’agente nocivo individuato ed una volta immesse in circolo sono in grado di riconoscerlo e combatterlo in tutto l’organismo. Durante queste “minacce”, il numero delle cellule del sistema immunitario presenti all’interno del linfonodo aumenta anche in maniera cospicua, determinandone l’aumento delle dimensioni del linfonodo stesso.Un ingrossamento marcato è invece segno di un’infezione più grave e di uno stato di difficoltà del sistema difensivo.
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EMORRAGIE DEL PRIMO TRIMESTRE: aborto e minaccia d’aborto
La complicazione più nota e frequente durante la gestazione è l’ aborto spontaneo: si considera tale ogni interruzione di gravidanza che si verifica spontaneamente entro i primi sei mesi a partire dal concepimento. È un evento piuttosto frequente, sebbene una reale stima sia impossibile, perché talvolta la perdita del prodotto del concepimento si confonde con una mestruazione. Sembra comunque verificarsi nel 15-20% delle gravidanze e, per lo più, non può essere evitato, in quanto rappresenta una specie di “selezione” delle gravidanze con gravi anomalie incompatibili con la vita. Un’indispensabile distinzione va fatta fra aborto e minaccia d’aborto: il segno più frequente ed indicativo è costituito dalla perdita di sangue, che caratterizza ambedue le situazioni; l’aborto però è la perdita del prodotto del concepimento, la minaccia invece è solo l’evento che può portare all’aborto, ma non è detto che l’evoluzione sia per forza infausta.
I primi tre mesi dopo il concepimento sono i più delicati:l’85 per cento degli aborti spontanei, infatti, si verificano in questo periodo. Dalla diciottesima-ventesima settimana, infatti, la probabilità di incorrere in un aborto si riduce drasticamente.
Si parla di minaccia di aborto se compaiono perdite di sangue, non necessariamente accompagnate da contrazioni dell’utero e da fitte dolorose. La minaccia di aborto si verifica quasi nel 15 per cento delle gravidanze ma solamente il 18 per cento degli aborti minacciati diventano aborti veri e propri. Si tratta, comunque, di un campanello di allarme che non va mai sottovalutato.
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La sindrome di Down
Tempo fa una mamma su un gruppo di FB chiedeva a che età erano necessari gli accertamenti per individuare feti affetti da sindrome di Down. Di amniocentesi ho già scritto qui. Mi riprometto di scrivere in futuro di diagnosi prenatale. Ma prima sarebbe il caso di sapere cos’è questa temuta sindrome di Down. È una condizione genetica caratterizzata dalla presenza di un cromosoma 21 in più rispetto alla normale coppia (per questo è nota anche come trisomia 21). Le persone sane hanno 23 coppie di cromosomi, cioè 46 cromosomi in tutto. Un cromosoma per coppia è ereditato dall’ovulo materno e uno dallo spermatozoo paterno. In condizioni normali con la fecondazione, l’ovulo e lo spermatozoo si uniscono e formano uno zigote (ovulo fecondato) che possiede 46 cromosomi.
In alcuni casi, però, si verifica un problema prima della fecondazione. L’ovulo o lo spermatozoo si possono dividere in modo non corretto, e quindi ritrovarsi ad avere un cromosoma 21 in più. Quando queste cellule si uniscono con uno spermatozoo o un ovulo normale, l’embrione risultante ha 47 cromosomi anziché 46 e questo tipo di errore nella divisione cellulare causa circa il 95% dei casi di sindrome di Down. In alcuni soggetti con sindrome di Down, invece, si riscontra il normale assetto di 46 cromosomi, ma una parte del cromosoma 21 è traslocata su un altro cromosoma; più raramente, si riscontra la trisomia 21 in mosaicismo, ossia nello stesso individuo sono presenti sia cellule normali (con 46 cromosomi), sia cellule con 47 cromosomi. La conseguenza di queste alterazioni cromosomiche è un difetto di grado variabile nello sviluppo mentale, fisico e motorio del bambino.
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Criptorchidismo
Il criptorchidismo è la mancata discesa di uno o di entrambi i testicoli all’interno della borsa scrotale, poiché ritenuti nel canale inguinale o all’interno della cavità addominale (caso più raro), già prima dello sviluppo. E’ la notizia che possono apprendono, con ansia, i genitori alla dimissione dal nido, dopo la nascita del loro bambino o dal pediatra durante le prime viste. Ma di cosa si tratta e cosa fare?
Il criptorchidismo rappresenta l’anomalia più frequente dell’apparato urogenitale in età pediatrica e colpisce il 3-5% dei nati a termine ed il 9-30% dei pretermine. Un fattore di rischio importante è rappresentato dal peso alla nascita: piu’ basso è il peso piú alta è l’incidenza di criptorchidismo. In seguito il 75% dei testicoli criptorchidi di nati a termine ed il 95% dei testicoli criptorchidi di nati prematuri discende nello scroto entro il primo anno di vita e la maggior parte dei testicoli discesi entro il primo anno completa questo processo nei primi 3 mesi di vita. Dopo tale periodo una discesa completa è eccezionale. La sua incidenza sembra essere aumentata in questi ultimi 30 anni, verosimilmente a causa di anomale esposizioni ambientali, soprattutto agli estrogeni.
Displasia congenita dell’anca
La displasia congenita dell’anca è, insieme al Piede torto congenito, la patologia ortopedica statisticamente più frequente nel primo anno di vita; è una patologia congenita, quindi già presente alla nascita, ma che ha inizio durante la vita intrauterina del bambino, caratterizzata da uno sviluppo anomalo dell’articolazione dell’anca. La testa del femore tende a dislocarsi dalla cavità acetabolare e se la patologia non viene trattata si ha un alterato sviluppo dell’articolazione coxo-femorale con esiti altamente invalidanti.
Si riscontra nel 2-6 % dei neonati quasi esclusivamente di razza bianca caucasica.
La causa non è del tutto chiara benché sembra esservi un’interazione tra predisposizione genetica e fattori ambientali; vi sono infatti fattori legati alla familiarità (quando la stessa patologia è comparsa in uno dei parenti più stretti) e alla localizzazione geografica, essendo alcune regioni del nord come pianura padana e Emilia, più colpite rispetto a quelle del sud.
Le bambine sono maggiormente colpite rispetto ai maschietti, probabilmente per l’effetto degli ormoni sessuali sullo sviluppo dell’articolazione.
Sono inoltre maggiormente a rischio i nati da parto podalico, i gemelli, i nati con malformazioni congenite come il torcicollo muscolare congenito, il piede torto congenito, i nati primogeniti, macrosomici, post-maturi; i nati da gravidanza con oligoidramnios o da rottura precoce delle membrane.
La displasia congenita dell’anca può colpire però anche neonati che non rientrano in queste categorie. Continua a leggere: Displasia congenita dell’anca…