Ho recentemente tenuto un corso ai medici di famiglia. Si parlava di bronchiti e riacutizzazioni bronchiali nelle forme polmonari croniche; ho detto loro che la maggior parte di queste forme flogistiche è di origine virale, per cui l’antibiotico non serve. E anche nei casi di sovrainfezione batterica ritardare di 5 giorni (in modo da capirne l’evoluzione) la somministrazione di detto farmaco, nulla cambia in termini di prognosi. Sul momento silenzio dalla platea, ma al termine dell’incontro mi si avvicina un collega commentando:
“ dici bene tu. Ma in linea teorica. Se io non prescrivo subito un antibiotico e la tosse perdura, chi lo sente il mio paziente? E se per caso decide di recarsi impropriamente in ps il medico di turno lo prescriverà sicuramente. Perché male non fa. E nell’immaginario del mio paziente quel medico sarà sicuramente più bravo di me. E se invece malauguratamente dovesse poi sviluppare una polmonite, secondo lui sarò stato io la causa con la mia titubanza nel prescrivere i farmaci. Detto questo ad ogni bronchite corrisponde la prescrizione di un antibiotico”.
Che dire? Mi ha lasciato a bocca aperta anche se so che succede così. Ho lavorato anni in pronto soccorso e so che nessun medico si esenterà dall’effettuare prescrizioni antibiotiche ad una persona che non vedrà più. Eccetto la sottoscritta che però spesso discuteva con i pazienti.
Continua a leggere: Antibiotici: uso inappropriato una volta su due…