Di allattamento al seno se ne parla tanto, io ne ho parlato tanto, ho scritto post sia spontaneamente, sia su richiesta in corso di campagne promozionali; eppure ho sempre la sensazione che manchi qualcosa e che le mamme, soprattutto le neomamme al primo figlio, siano sole. Sole con il loro bebè urlante e la tetta al vento. E spesso il biberon diventa la via più semplice. E va anche bene, per carità, quando questo rasserena tutti, ma in quella frase “ ho dato il biberon” spesso c’è ancora ansia, senso di inadeguatezza, ancora solitudine. Perché? Oggi come allora (e per me di anni ne sono passati 10) urlo perchè? Non ho una risposta certa. Ho la mia risposta. Che è quella di continuare a parlarne. E lo faccio al termine della Settimana Mondiale per l’Allattamento Materno.
Nei primi giorni di vita il 90% delle donne italiane comincia ad allattare al seno il neonato, alla dimissione dall’ospedale la percentuale scende al 77% per poi crollare al 31% a 4 mesi e solo il 10% continua ad allattare oltre i 6 mesi di vita.
Innanzitutto una raccomandazione: l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) raccomanda l’allattamento al seno in maniera esclusiva fino al compimento del 6° mese di vita. Questo significa che proporre altri alimenti o liquidi al neonato allattato al seno prima dei 6 mesi d’età in genere non è necessario e può anzi comportare rischi, come quello di renderlo più esposto a malattie diarroiche o di altro tipo. Pertanto no ai vari biscotti granulati o pappe lattee, per fare un esempio.
E’ importante inoltre che il latte materno rimanga la scelta prioritaria anche dopo l’introduzione di alimenti complementari, fino ai due anni di vita ed oltre, e comunque finché mamma e bambino lo desiderino. Continua a leggere: Decalogo per l’allattamento al seno…
Riflessioni…
Il mio post di oggi si basa su una breve conversazione avuta con la maestra di microba.
Oggi microba ha ripreso la scuola materna. Sono giorni che le ricordo l’evento, le parlo di compagni e insegnanti e lei, ferma, a ripetermi sempre le stesse parole: “non ci vado, lo capisci o no?”.
Credevo fosse solo un atteggiamento, la voglia di proseguire le vacanze, un attacco di mammite. Invece ieri sera è crollata. Continuava a singhiozzare quasi in silenzio nel lettino, trovava ogni scusa per chiamarmi, avrà fatto 10 volte pipì e bevuto altrettanti bicchieri d’acqua. Durante una delle varie “tappe” mi ha confidato:”sono in crisi, io proprio non voglio andare a scuola”. Ha addotto molti motivi, non so quanto validi ma le sue parole hanno messo in crisi me.
Questa mattina è rimasta sulla sua posizione ma non ha apposto resistenza alle varie tappe di preparazione.
Ho accennato appunto alla sua maestra la mia perplessità: microba, pur essendo attaccatissima a me non mi lesina i “vattene, non ti voglio più” quando si arrabbia o i “vai, vai, che faccio/vado da sola”, per non parlare del “sono grande, io”.
Ma al di là delle espressioni verbali in effetti è grande anche per ragionamenti, comportamenti e spesso le si darebbe un anno in più.
La sua educatrice mi ha bloccato. “Sono bambini grandi”-mi ha detto- “sempre più grandi, sia nel modo di ragionare che di fare e continuano a crescere sempre più in fretta, ma tanto quanto apparentemente crescono tanto invece sono fragili. E la difficoltà sta appunto nel capire la loro fragilità. Spesso vogliono fare cose da grandi, da più grandi proprio per nascondere le loro difficoltà. Il difficile non è capire un atteggiamento, interpretare un disegno, un gioco, quanto cosa ci sia dietro tutto questo”.
E in effetti ha ragione. Ho sempre considerato microba una “tosta”, cocciuta e spesso sono dura con lei. Ma ieri sera era proprio piccola, ancora la mia piccola; sul momento ho pensato solo a consolarla (alle 11 di sera la psicologia infantile era l’ultimo dei miei pensieri), non so se in futuro riuscirò a capirla o a interpretare i suoi comportamenti ma da oggi ho sicuramente un’arma in più.
Per la cronaca quando nel pomeriggio sono andata a prenderla giocava tranquilla, ha esitato a uscire tanto era impegnata, è rientrata in classe diverse volte a salutare le amiche.
Interrogata su come fosse andata la giornata la risposta è stata “male”. Ho riso dentro di me. Microba è tosta e tosta rimarrà.
Coliche infantili. Più a rischio i figli di donne che soffrono di emicrania
Sembra che via sia una notevole correlazione fra la cefalea materna e le coliche dei lattanti, ma non nel senso che i pianti di un neonato possono provocare mal di testa alla sua mamma, bensì il contrario: le mamme che soffrono di emicrania hanno più probabilità di mettere al mondo bambini affetti da coliche infantili, che sono causa di un pianto inconsolabile senza motivo apparente.
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Lo spasmo affettivo nei neonati
Lo spasmo affettivo è una perdita di coscienza di breve durata dovuta ad un’anossia cerebrale che si verifica in genere in bimbi fra i 6 e i 18 mesi d’età. Esistono 2 forme:
- forma blu: la più frequente (80%), caratterizzata da perdita di coscienza durante il pianto. Il bambino singhiozza, il respiro accelera fino a bloccarsi, compare cianosi e il bambino perde conoscenza per alcuni secondi
- forma pallida: compare una sincope in occasione di avvenimenti sgradevoli: dolore, paure, emozioni intense. Il bambino lancia un breve grido, impallidisce e cade a terra
Perché i bambini piangono?
Durante l’ultima notte in turno in Pronto Soccorso, una coppia di genitori con nonni al seguito, verso l’una, mi hanno portato un neonatino di 20 giorni, al momento beatamente addormentato tra le braccia della mamma. Motivo: aveva pianto tutto il giorno. E allora, penso io, ma non lo sanno che i neonati piangono? E talora tanto? Il piccolo aveva mangiato, si era scaricato come al solito, aveva solo pianto più del solito. Ho azzardato un “forse è troppo coperto”, considerando che oltre alla tutina era avvolto in lenzuolino e copertina ma sono stata fulminata con lo sguardo dalla nonna. Il pediatra di turno fatte le mie stesse domande e costatando alla visita che tutto fosse nella norma, l’ha dimesso dando indicazioni comportamentali ai genitori.
Non sempre alle mamme alle prime armi vengono fornite le informazioni generali per la gestione di un lattante. E servono anche quelle apparentemente più banali.