Nonostante l’estate sembri lontana tra le mamme c’è già fermento per organizzare i tre mesi estivi. E fra le varie proposte ci sono anche quelle dei campus fuori città; bellissimi, costosissimi, ma un serio problema per il bambino che talora bagna ancora il letto. Possibile alle elementari? Si. Possibile, situazione non preoccupante e ben diversa dalla vera condizione di enuresi.
L’ enuresi, comunemente fare la pipì a letto, è un problema piuttosto comune e non preoccupante nei bambini, in genere fino a 5 anni che sono ancora incapaci di controllare la propria vescica. Per enuresi notturna non si intende però la saltuaria e sporadica emissione di urine durante la notte, ma il problema che si presenta frequentemente: secondo alcuni medici è necessario un periodo di osservazione di almeno 2 settimane durante le quali il bimbo deve bagnare per almeno 3 volte a settimana, secondo altri l’osservazione va protratta per 3 mesi con almeno 2 notti bagnate alla settimana.
L’enuresi è un disturbo piuttosto frequente soprattutto nei maschi. A 4 anni i bambini maschi con enuresi sono circa il 13% contro il 9% delle femmine. Le percentuali variano anche in base all’età: a 4 anni dal 20 al 30 % dei bambini bagna il letto; a 6 anni il 10 – 15%; a 12 anni il 3 – 6%; a 15 anni l’1 – 2%. Il rischio di soffrire di enuresi è del 77% nel caso in cui entrambi i genitori abbiano sofferto di enuresi; se solo uno dei genitori ha sofferto di enuresi il rischio scende al 44%.
L’enuresi viene classificata come:
– enuresi esclusivamente notturna, la più frequente
– enuresi esclusivamente diurna, più rara e mediamente più frequente nei soggetti di sesso femminile. Esiste anche una forma mista: enuresi notturna e diurna.
– Primaria: presente fin dalla nascita
– secondaria: presentarsi dopo che il bambino ha già raggiunto per un periodo di almeno 4-6 mesi un adeguato controllo della continenza urinaria. L’enuresi secondaria si manifesta generalmente in bambini di età compresa fra i 5 e gli 8 anni.
– enuresi essenziale nel caso in cui la perdita involontaria di urine non abbia correlazioni con altre malattie.
-incontinenza urinaria nel caso in cui l’emissione involontaria di urine sia invece associata a patologie a carattere urologico, neurologico o metabolico.
Esistono diverse cause. Nella forma primaria, quando cioè il bimbo non ha mai acquisito il controllo notturno la causa potrebbe essere un ritardo di maturazione della vescica, in particolare dello sfintere vescicale, un piccolo muscolo che funziona da valvola della vescica e che impedisce alla pipì di fuoriuscire verso l’esterno. Questo controllo si acquisisce normalmente verso il quarto anno di vita. oppure si potrebbe trattare di un insufficiente controllo ormonale ovvero un’alterazione del ritmo giorno/notte della produzione dell’ormone antidiuretico da parte dell’asse ipotalamo-ipofisario, con conseguente eccessiva produzione di urine durante la notte; i valori di tale ormone tendono a normalizzarsi in ritardo rispetto agli altri bambini.
Nel caso della forma secondaria ovvero quando il bambino, dopo avere raggiunto il controllo della vescica ha ripreso a fare la pipì a letto, questa può dipendere da particolari situazioni emotive e stressanti (ad esempio la nascita di un fratellino, l’inserimento a scuola, tensioni familiari…).
Talora l’enuresi può presentarsi come conseguenza di una malattia ad esempio un’infezione urinaria o in casi molto più rari diabete mellito, epilessia ecc.
L’enuresi è quasi sempre un fenomeno temporaneo; diventa un problema dopo i cinque – sei anni (5 nella femmina e 6 nel maschio), ma l’età più giusta per prendere in considerazione un trattamento è dopo i 7 anni. Può essere opportuno ricorrere al trattamento anche di quei bambini che, pur non presentando il problema frequentemente, avvertono un significativo disagio soggettivo e compromissione delle normali attività di socializzazione.
Al primo approccio con il bambino sofferente di enuresi è necessario valutare la familiarità per enuresi; e raccogliere una sorta di diario mizionale, in seguito saranno fatti altri accertamenti di tipo clinico e strumentale:
– esami di laboratorio: per identificare i rari casi in cui l’enuresi abbia una causa metabolica o nefrologica
– esame delle urine e urinocoltura per verificare l’eventuale presenza di infezione delle vie urinarie o una possibile nefropatia
– ecografia dell’apparato urinario per lo studio di malformazioni a carico delle vie urinarie.
Prima di decidere quale terapia sia più corretta per il bambino occorre considerare che l’enuresi è un fenomeno che si risolve, nella quasi totalità dei casi, spontaneamente. Gli interventi mirano ad accelerare la maturazione del controllo della vescica e/o a ridurre il volume totale di liquidi che arrivano alla vescica durante la notte per permettere al bimbo di condurre una vita normale (ad esempio non dovere rinunciare ad occasioni di soggiorni fuori casa). La terapia può essere di 2 tipi, farmacologica o comportamentale. Per affrontare il problema dell’enuresi bisogna sempre tener conto che il bambino non è in grado di risolvere autonomamente il problema e che soprattutto non ne ha nessuna colpa. Ai bambini più grandi (6-7 anni) si può in certi casi intervenire insegnando alcune misure dietetiche e comportamentali o una corretta regolarità urinaria (andare in bagno ogni 3-4 ore e prima di andare a dormire). Tra i possibili interventi diretti a migliorare l’enuresi, esistono alcuni esercizi volti a ottenere una maggiore resistenza vescicale. È possibile per esempio insegnare al bambino come trattenere l’urina per un certo periodo o come interrompere la minzione per poi completarla dopo pochi secondi, con lo scopo di renderlo più autonomo nel controllo della vescica. Viene infine utilizzata una terapia con allarmi periodici (ma solo in bambini con un’età superiore ai 7 anni), sonori o con vibrazione, non molto amata, ma sicuramente la più efficace stando alle percentuali di guarigione (circa il 70% di chi ne ha fatto uso).
Nel caso che anche i genitori abbiano sofferto di enuresi, comunicarlo al bambino può avere per lui un effetto rassicurante. Infatti il sapere che anche il papà o la mamma hanno avuto lo stesso problema e lo hanno superato è per lui di conforto e aiuta la guarigione. Il bambino inoltre non va mai sgridato né svegliato durante la notte il bambino per farlo urinare non solo non serve a nulla ma può essere controproducente.
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