Ottobre 2011: Questa mattina ore 7.45 al nido. Cerco di spogliare microba il più in fretta possibile senza però farglielo capire: sono come al solito in mega ritardo e come al solito non sarò mai al lavoro per le 8, quando arriva correndo un papà portando in braccio un bimbo come un pacchetto. Aveva un taxi fuori che l’attendeva perché da lì a poco avrebbe dovuto prendere un aereo. Ed era sicuramente più in ritardo di me. Ha mollato il pacco, ooops, il figlio, ancora “imbacuccato” e piangente nelle mani di una comprensiva educatrice ed è scappato via. Microba osservava la scena molto perplessa e sul punto di piangere anche lei. Ho lasciato anche io la piccola all’educatrice, che con entrambi i bimbi in braccio è entrata in classe, e sono scappata verso l’ospedale. Per fortuna i miei pazienti per la maggior parte sono vecchietti e si inteneriscono sentendo parlare di bimbi e scuole…
Senza voler assolutamente criticare il papà di questa mattina, anche perché io ero praticamente nella stessa situazione, l’episodio mi ha portato a riflettere di quanto siamo costretti a far fare ai nostri figli una vita come e peggio di quella degli adulti. Si alzano all’alba perché i papà e le mamme lavorano sempre troppo lontano da casa, sono iscritti al pre e al post scuola spesso frequentando più delle classiche 8 ore di una giornata lavorativa, perché salvo chi ha nonni o baby sitter , sono pochi quelli che possono uscire alle 16 con i genitori, ma soprattutto subiscono costantemente la nostra ansia per lo scorrere delle lancette dell’orologio. Loro che decisamente hanno un’idea del tempo ben diversa dalla nostra, che spesso non conoscono neppure il succedersi dei giorni della settimana, che scandiscono la giornata secondo i ritmi pappa-nanna, sono costantemente travolti dal nostro urlare “è tardi”, “sono in ritardo”, “muoviti” e affini.
Talora al mattino mi impongo di alzarmi prima, prepararmi di tutto punto in modo da dedicarmi poi solo ai nani, di non urlare all’ennesima lentezza di Supernano (microba è molto più rapida sia nel fare colazione che nel farsi vestire, poi si piazza davanti alla porta protestando animatamente se non si esce all’istante), ma poi va a finire sempre nello stesso modo: mi arrabbio già di prima mattina. E non va molto meglio quando tocca a papà chef.
Che fare? Non lo so. Al momento non ho soluzioni, so solo che ogni tanto sarebbe bello almeno rallentare un po’, darsi altri tempi per assaporare veramente il massimo gusto delle cose, magari imparando anche dalla loro flemma…
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