Ero molto arrabbiata per un evento che dopo vi racconto e che mi ha fatto riflettere, ma preferisco iniziare con una notizia positiva: tutti i pediatri coinvolti nell’inchiesta sul latte in polvere (di cui avevo parlato qui) sono stati scagionati e sono tornati al lavoro.
In genere quando qualche medico è inquisito “il mostro” è sbattuto in prima pagina e nessun mass media ne ha pietà; ma quando, per fortuna la maggior parte delle volte, ne viene dimostrata l’innocenza nella migliore delle ipotesi viene dedicato un trafiletto in ultima pagina.
Questa cosa mi ha da sempre fatto arrabbiare perché dietro tanti camici bianchi c’è dedizione, impegno, passione, amore verso una professione difficile, dove lo sbaglio è dietro l’angolo ma soprattutto dove subire una denuncia sembra essere più facile che andare al supermercato.
Denuncia spesso impropria.
Detto questo è mio compito, così come avevo descritto un fatto che se fosse stato vero era veramente da biasimare, tornare sui miei passi e raccontarne la non sussistenza.
Perché ho iniziato scrivendo che sono arrabbiata, o direi meglio amareggiata?
Come ho più volte detto, pur non essendo pediatra ho avuto e talora ancora ho, a che fare con i bambini. Nel pronto soccorso dove lavoro fino a circa un anno fa non era presente la guardia attiva pediatrica; capitava quindi di visitare bambini di notte, nei festivi, dopo le 18. Bambini non sempre (anzi quasi mai), portati per vere urgenze. Non tolleravo e non tollero l’accesso in pronto soccorso per la tosse, per il raffreddore, per il mal di denti, per la febbre da mezz’ora a 8 anni. Per fare degli esempi. Ho anche scritto un post su quando portare il bambino in pronto soccorso. E ancor meno tolleravo/tollero la domanda del genitore: dove dovevo andare?
Cosa? E i pediatri di base non esistono?
Ecco, appunto. Nota dolente. Oggi spezzo una lancia in favore di molti genitori (non di tutti, uscire alle 3 di notte al freddo solo perché il bimbo di notte tossisce non lo tollero ancora): spesso i pediatri di base non visitano i bambini malati.
Giovedì scorso messaggio di una cara amica: sono andata a scuola a prendere A. con febbre e vomito.
Messaggio di venerdì: ha 37.5 ma sta bene.
Messaggio di sabato: A. sta bene, andiamo in montagna.
Concordo. Ci vediamo su. Sabato è una bellissima giornata e i bimbi giocano all’aperto tutto il pomeriggio. Dobbiamo cenare insieme ma ennesimo messaggio: A. ha 39°C.
Nel frattempo scopriamo che dei compagni di classe sono risultati positivi allo streptococco.
A quel punto mi sento impotente. Non posso consigliare l’antibiotico per un ipotetico contagio ma neppure di rimanere in attesa per cui consiglio all’amica di portare il bambino dalla pediatra il lunedì. Per farla breve, la pediatra lunedi’ non aveva posto, martedi’ nemmeno. Per fortuna A è uno tosto e nel frattempo la febbre è passata. Ma io dico: una mamma di quelle che non rompono ti chiama, ha il bimbo con una febbre altalenante da giorni, ha avuto contatti con bambini affetti da streptococco, ho capito che ha 6 anni e non 6 mesi, ho capito che non sta morendo, ma minimizzare e rimbalzarla non mi sembra corretto. Il periodo è dei peggiori, gli studi medici sono pieni, ci sono i malati veri, i poco malati, le ricadute, le mamme ansiose e quelle più tranquille, le visite filtro le visite per i nuovi nati ed è vero che i pediatri di base sono molto presi, ma su che base discriminano sul se e quando visitare un bambino? Come fanno a sapere a priori che si tratta di sola influenza? Se una mamma espone un dubbio è giusto a priori non considerarlo?
Patrizia dice
Cara Mamma e Medico, sono una mamma, medico, pediatra , di famiglia e non mi riconosco per NIENTe in quello che tu descrivi essere un PdF ! Non sono un luminare, ma cercò di lavorare con coscienza, competenza, amore per i bambini e rispetto per i genitori. Non li accontentiamo tutti, ma almeno ci provo!gli altri vengono al PS! 🙂