Per una volta partecipo anche io al tema del mese (mi sono autoinvitata leggendo i numerosi post sugli altri blog). Nonostante sia latitante da tempo e faccia fatica ad impostare nuovi post, mi impegno per un argomento che mi sta veramente a cuore: il binomio lavoro – maternità. E inizio con un episodio il cui pensiero a distanza di oltre 6 anni mi fa ancora incz…
Quando aspettavo microba mi era capitato di sostituire un medico di base. Ebbene, una sera ero in studio alle 9 di sera stanca con il mio bel pancione. Entra un uomo chiedendo un certificato di malattia di un mese per la moglie. Alla mia domanda sul motivo e sul perché non ci fosse la diretta interessata mi fu risposto che aveva mal di schiena, aveva partorito da poco, stava allattando e non poteva assumere farmaci, ma non poteva neppure andare a lavorare. Apro la sua scheda e vedo che il medico aveva già prescritto un mese di malattia: fatti due conti la signora finita la maternità obbligatoria voleva continuare a stare a casa in malattia. Litigando con il marito e con la moglie al telefono mi rifiutai di fare la prescrizione, obbligai la paziente a venire in studio il giorno dopo, e le prescrissi una visita ortopedica. Che fece, probabilmente da un medico compiacente, che mise 30 giorni di prognosi. Basati su un niente. O comunque su nessun accertamento praticato o consigliato. Chiamai l’ordine dei medici per sapere se fossi obbligata a rispettare quella prognosi e mi fu fatto capire che sarebbe stato meglio. Furiosa compilai il certificato accarezzando il mio pancione e pensando alla mia “non” maternità.
La mamma in questione avrà avuto i suoi problemi organizzativi/di salute, come tutte le mamme che devono ritornare al lavoro dopo la maternità, ma un conto è sfruttare quanto la legge permette, un conto è aggirare gli ostacoli anche in maniera poco pulita. E mio malgrado sono stata complice. E la rabbia è doppiamente dovuta pensando alla situazione di quelle tante mamme che non solo non hanno la maternità ma neppure la malattia. Quelle mamme che non sanno cosa voglia dire “malattia bambino” o permessi per l’inserimento all’asilo. Quelle mamme che oltre alle ansie di tornare al lavoro, di dover lasciare un neonato hanno anche l’ansia di inventarselo giornalmente un lavoro.
Io nonostante tutto, nonostante i mille sacrifici, mi reputo ancora fortunata, anche se rileggendo gli anni scorsi “da estranea” mi do della pazza e mi chiedo come ce l’abbia fatta.
Quando è nato supernano sono stata a casa dall’ospedale (pronto soccorso, un lavoro alquanto a rischio) qualche mese prima del parto limitandomi a effettuare consulenze nel pomeriggio, e ho ripreso 4 mesi dopo la sua nascita. È stato durissimo, avrei dato qualsiasi cosa per stare a casa, ma non era possibile.
Con microba è stato diverso. Per non perdere tutto quello che avevo costruito nei 4 anni precedenti e non rischiare il non rinnovo di contratti, sempre in consulenza, ho lavorato fino ad una settimana prima di partorire nascondendo il pancione sotto il camice, pregando che andasse sempre tutto bene e che microba rispettasse il termine.
Chi sapeva ovviamente faceva finta di nulla. Sono tornata al lavoro che aveva 2 settimane. Non fu facile neppure in quell’occasione; ricordo che viaggiavo con la borsa del ghiaccio e il tiralatte. Anche in questo caso nessuno si pose il problema. Era un dato di fatto che io dovessi lavorare. Faceva comodo che io lavorassi.
Microba è cresciuta comunque serena, piangnucola ancora quando devo andare a fare il turno di notte ma so che comunque lei è molto teatrale; la mia più grande soddisfazione è sentirle dire che non vorrebbe che io stessi a casa e che lei da grande vorrà fare la dottoressa come la sua mamma.
Perché io sono conscia che nonostante tutto noi siamo un esempio soprattutto per le nostre figlie. Mia mamma, casalinga, mi spronava a non cercare il “principe azzurro” ma a realizzare prima me stessa. Le sue erano parole in cui io leggevo tutta la sua insoddisfazione. E delle sue parole ho fatto tesoro. Io voglio aggiungere alle parole i fatti. Mia figlia porterà con se l’immagine di una mamma sempre di corsa e senza tacchi, ogni tanto o spesso isterica, ma contenta di quello che è: non solo una mamma ma anche una donna e una donna che lavora.
mammaalcubo dice
Sei stata coraggiosa a non mollare in quelle condizioni, non dev’essere stato per nulla facile.
Riguardo all’episodio iniziale sono senza parole. Ok usare ferie, permessi, aspettative… ma la malattia fasulla no, dai…
Beat - Mamma ora che faccio? dice
Hai detto bene: io ho sempre fatto parte delle donne che non hanno mai avuto diritto a maternità o malattia. Ho lavorato in nero, pur di farlo, con la promessa che “il mese prossimo/la settimana prossima ti facciamo il contratto” e, pur di tenermi quel posto del cavolo e non tornare disoccupata, ho lavorato così fino alla 38esima settimana. Per poi sentirmi dire non solo che non avrei mai ricevuto quel famoso contratto, che mi era stato promesso con ancora più vigore durante la maternità, ma che sarei rimasta senza lavoro perché la società in questione, comunque, stava per chiudere. Ok, era una mini-agenzia sulla via del fallimento, ma pur sempre un lavoro, per me. Ho voluto comunque sentirmi fortunata, per pensarla in modo positivo, perché così mi sono potuta permettere (con sacrifici economici) di stare più di un anno con il mio bambino, traslocare occupandomi io di tutto (rasentavo la pazzia) e poi ho ripreso a lavorare, ma come freelance a p.iva. Anche lì, senza malattia, se mi ammalavo nessuno poteva sostituirmi al giornale on line per cui scrivevo, senza congedo parentale, per cui spesso scrivevo con il piccoletto con 38 di febbre che mi dormiva addosso, senza sentirmi dire mai neanche un “grazie”. Anzi, spesso mi sono sentita trattare come una “graziata” perché facevano lavorare me, da freelance, invece che una collaboratrice senza figli che avrebbe lavorato più ore di seguito, senza interrompersi per addormentarlo o preparargli il pranzo, e probabilmente anche con un compenso più basso. Purtroppo non c’è neanche molta solidarietà tra donne, in questo senso…è un capitolo davvero difficile da trattare…ammiro sia la tua forza, per aver saputo gestire tutto, ma anche la tua capacità di ritenerti fortuna, nonostante tutto questo…